In una panoramica del cinema horror, il film “Evil Dead” (La Casa) del 1981, diretto da Sam Raimi, rappresenta indiscutibilmente un punto di svolta. Se guardato attraverso gli occhi di un bambino di 8 anni nato nel 1973, il film non è solo una prova di resistenza ai jump scare, ma anche un’esperienza formativa che delinea i confini tra coraggio e vulnerabilità.
Uno dei trionfi più notevoli del film è la sua rappresentazione di demoni come entità malevolente che usurpano l’identità umana. A differenza dei mostri convenzionali che abitavano gli horror dell’epoca, questi demoni incarnano una forma di male più penetrante e psicologicamente inquietante. Per un giovane spettatore, la sublimazione di amici e familiari in creature demoniache incarna una minaccia esistenziale che va oltre il semplice spavento momentaneo, ponendo interrogativi fondamentali sulla natura dell’identità e del male.
Raimi utilizza una serie di tecniche innovative per amplificare l’effetto del suo racconto. La “shaky cam” non è solo un artificio stilistico, ma diventa un personaggio a sé stante, dando un senso di immediata urgenza e disorientamento. Per un bambino di 8 anni, questa scelta tecnica trascende il concetto tradizionale di narrazione e crea un’immersione quasi sensoriale.
Infine, l’assenza di una figura eroica tradizionale fornisce una lezione precoce sulla complessità del bene e del male, del coraggio e della paura. I protagonisti sono comuni e fallibili; lottano disperatamente per sopravvivere, e in quel lottare risiede la loro eroicità. Per un giovane pubblico, questa rappresentazione realistica offre una rottura netta dall’archetipo del supereroe invincibile, creando un impatto duraturo sulla sua percezione della narrativa cinematografica.
“Evil Dead” non è solo un film: è un trattato sulla natura umana, un laboratorio di tecniche cinematografiche e un testamento all’evoluzione del genere horror. Per un ragazzino di 8 anni, rappresenta una profonda immersione in un mondo dove le linee tra realtà e finzione, tra umano e demoniaco, sono pericolosamente sfocate, offrendo una visione matura del cinema che potrebbe influenzare le sue future esperienze di spettatore.