Era il 1988 ed ero un giovane ragazzo quindicenne. Una sera, mentre facevo zapping tra i canali tv, mi imbattei in uno speciale musicale su una rete regionale di cui non ricordo il nome: “Europe in America”, questo il nome del documentario. Incuriosito ed eccitato, iniziai a guardarlo e rimasi incollato allo schermo fino alla fine.
Il documentario seguiva gli Europe, una tra le mie bands preferite del momento, durante il loro tour negli Stati Uniti. Vedere il mio idolo Joey Tempest e gli altri membri della band suonare dal vivo hit come “The Final Countdown” e “Rock the Night” davanti a folle oceaniche sul territorio statunitense mi fece venire i brividi. L’energia che sprigionavano sul palco era indescrivibile.
Tra un concerto e l’altro, il documentario mostrava interviste esclusive ai membri della band. I musicisti svedesi parlavano del loro successo, del tour, del nuovo album e della loro musica. Mi affascinavano i retroscena che raccontavano e gli aneddoti divertenti. Mi sembrava di conoscerli un po’ di più.
Poi c’erano le scene di backstage e di vita quotidiana durante il tour. Vedevo gli Europe scherzare tra loro, firmare autografi per i fan adoranti, rilasciare interviste alle radio e alle tv. Mi colpiva il loro lato umano, il fatto che fossero ragazzi normali nonostante l’incredibile fama.
Le riprese dei fan in delirio ai concerti mi emozionavano. Sventolavano striscioni, cantavano a squarciagola, avevano gli occhi pieni di ammirazione per la band. Avrei tanto voluto essere lì in mezzo a loro, a tifare per i miei idoli.
Dal punto di vista tecnico, lo speciale era girato e montato benissimo. Le immagini erano nitide, il suono era potente. La regia e il montaggio riuscivano a catturare tutta l’energia e l’adrenalina di quei momenti irripetibili.
Alla fine del documentario, mi sentii elettrizzato. Avevo appena visto i miei eroi nel momento più alto della loro carriera, avevo scoperto nuovi dettagli su di loro, avevo sognato ad occhi aperti di essere parte di quell’incredibile avventura. Non vedevo l’ora di poter rivedere “Europe in America” e di condividere le mie emozioni con i miei amici fan della band.
Ero grato alla rete regionale per aver trasmesso quel piccolo gioiello. In un’epoca in cui MTV e i canali musicali non erano ancora così diffusi, speciali come quello erano preziosi per noi giovani appassionati. Conservai gelosamente la videocassetta che avevo registrato dello speciale. Ero sicuro che l’avrei riguardata tantissime volte, sognando un giorno di poter vedere gli Europe dal vivo.
Durante i giorni successivi, mi godevo il ricordo di quella serata speciale e continuavo ad ascoltare “The Final Countdown” all’infinito sul mio walkman. Gli Europe erano la colonna sonora della mia adolescenza e “Europe in America” mi aveva fatto sentire più vicino a loro che mai. Non l’avrei dimenticato.
A distanza di tanti anni, il ricordo di quello speciale è ancora vivo nella mia mente. Ogni volta che riascolto le canzoni degli Europe, ripenso a quelle immagini, a quelle emozioni. “Europe in America” rappresenta un momento magico della mia giovinezza, un ricordo prezioso che porto sempre con me.