Guardando l’attuale panorama musicale, c’è una voce che si fa sempre più flebile, un’anima che sembra svanire nel vortice delle nuove “tendenze”: il blues. Questa forma fondamentale, che per decenni ha arricchito e dato profondità a innumerevoli scenari musicali, oggi appare quasi come un ricordo sbiadito, una presenza fantasma nella maggior parte dei brani che dominano le classifiche. Il blues, per gran parte del secolo scorso, è stato capace di influenzare e plasmare intere generazioni di artisti. Pensando all’hard rock, per esempio: band leggendarie come Led Zeppelin, Rolling Stones o Aerosmith hanno tratto la loro essenza più pura proprio dalla tradizione blues, trasformandolo e amplificandolo fino a creare un suono moderno ma unico e inconfondibile. Il blues era valorizzato, celebrato, era il cuore pulsante di una musica che parlava all’anima. Oggi, invece, ascoltando la radio o scorrendo le playlist più popolari, ci si rende conto di quanto questa presenza sia diventata rara, quasi introvabile. È come se il mondo della musica stesse vivendo una sorta di asfissia artistica, privandosi volontariamente di una delle sue fonti d’ossigeno più preziose. Le nuove generazioni, cresciute in questo contesto, rischiano di perdere completamente il contatto con queste sensazioni emotive uniche che la presenza del blues sa trasmettere così bene.
Mi permetto di vedere questa situazione come di una vera e propria preoccupazione per il futuro. Il mainstream, che una volta era in grado di accogliere e promuovere anche sonorità più profonde e radicate nella tradizione, sembra oggi focalizzarsi su ambientazioni meno profonde e più “usa e getta”.
Purtroppo, il blues non è l’unico genere a soffrire di questa progressiva marginalizzazione. Negli ultimi dieci-quindici anni, abbiamo assistito a un fenomeno simile per molti altri stili musicali. Il rock classico, il funk, persino certe forme di jazz che un tempo trovavano spazio anche nelle produzioni più commerciali, oggi sembrano confinati a nicchie sempre più ristrette di appassionati.
È giunto il momento di auspicare un cambiamento, un ritorno alle radici non solo per il blues, ma di tutti quei generi che hanno contribuito a rendere ricco e variegato il panorama musicale dagli inizi del novecento ad oggi. La speranza è che artisti, produttori e l’industria musicale nel suo complesso comprendano l’importanza di preservare e rinnovare queste tradizioni, integrandole nel tessuto della musica contemporanea.
Solo così potremo garantire alle future generazioni di musicisti e ascoltatori la possibilità di esplorare, apprezzare e reinterpretare l’intero spettro delle emozioni musicali. Il blues, con la sua capacità unica di toccare le corde più profonde dell’animo umano, merita di tornare a far sentire la sua voce, potente e autentica, anche nel cuore della musica mainstream.