Mi chiamo Amir, ho sedici anni, e vivo con un segreto che mi fa tremare. Ogni volta che infilo gli auricolari, ogni volta che nascondo una t-shirt dei Metallica sotto il letto, il cuore mi batte forte. Qui, il metal non è considerata musica: è visto come un crimine. Ricordo ancora il giorno in cui hanno portato via Fadi, un ragazzo del quartiere. L’avevano trovato con una cassetta degli Iron Maiden. Da allora, ho cominciato a capire. Quella notte ho quasi buttato via i pochi dischi che avevo, regali segreti di mio cugino Tariq. Alla fine, non ci sono riuscito. Quella musica è ormai parte di me. A scuola, cammino a testa bassa. Ho sempre paura che qualcuno possa leggere nei miei occhi questa passione segreta, sentire l’eco dei riff che elaboro nella testa. Una volta, durante una lezione, mi è sfuggito un accenno a una canzone. Il professore mi ha guardato con sospetto e per giorni ho temuto che venissero a prendermi. La sera, chiuso in bagno al buio, ascolto i Megadeth a volume bassissimo. Ogni scricchiolio mi fa sussultare. Immagino loro che irrompono, i vicini che mi additano, la vergogna negli occhi di mia madre. Nonostante la paura, però, c’è qualcosa che mi tiene aggrappato a questa passione proibita: la speranza. Nei testi delle canzoni, nelle melodie potenti, sento un messaggio di cambiamento. Parlano di libertà, di lottare contro l’oppressione, di aspettare un mondo diverso. Queste parole mi fanno credere che un giorno, anche qui, le cose potranno essere diverse. Su forum nascosti e chat criptate, quando la flebile e instabile connessione a Internet me lo consente, leggo di paesi dove il metal è libero, dove migliaia di persone si riuniscono insieme per concerti all’aperto. Mi sembra un sogno irrealizzabile, eppure… Ho sentito voci di giovani attivisti che stanno lottando per un giusto diritto di espressione. Di giornalisti coraggiosi che denunciano la censura. Persino di alcuni politici che iniziano a parlare di apertura culturale. Sono piccole cose, ma mi fanno sperare. So che il cambiamento non arriverà domani. So che forse dovrò aspettare anni prima di poter indossare con fierezza la mia maglietta dei Metallica per strada. Ogni nota che ascolto di nascosto, ogni canzone che imparo a suonare silenziosamente sulla mia chitarra acustica sgangherata, è un piccolo atto di resistenza. Un giorno, ne sono certo, potremo urlare i nostri inni metal senza paura. Potremo pogare amichevolmente sotto il sole, formare band e suonare nei garage senza temere irruzioni. Fino ad allora, continuerò a nutrire questa fiamma segreta, tremando di paura ma ardendo di speranza. Perché il metal mi ha insegnato che anche la notte più buia ha una fine e quando l’alba arriverà, saremo pronti a salutarla con un potente riff di chitarra.
La storia di Amir riflette la condizione reale di decine di migliaia di ragazzi nel mondo a cui è proibito ascoltare alcuni generi musicali tra cui l’heavy metal