Quando Michael Jackson mi Portò l’Hard Rock

Correva l’anno 1983, ero un giovane e candido fanciulletto di dieci anni dal caschetto da paggio e quella giornata stava per cambiarmi per sempre. Appena tornato da scuola, come sempre, accesi la TV alla ricerca di qualche cartone animato. Invece, su un canale che non riesco proprio a ricordare, iniziarono a materializzarsi i primi fotogrammi di un nuovo video di Michael Jackson. Non era la prima volta che ascoltavo Michael, “Billie Jean” era già in rotazione su gran parte delle radio e tutti ne parlavano. Questa volta, però, ci fu qualcosa di diverso. I primi accordi di “Beat It” avevano un’energia strana, la percepivo in parte minacciosa. Non sapevo ancora nulla di hard rock o metal, il miei ascolti musicali erano orientati al pop dell’epoca e ai cantautori italiani. Quello che, più avanti negli anni, imparai a capire fosse un solo di chitarra, mi colpì come un pugno allo stomaco. Mi alzai di scatto dalla sedia, incredulo. Non avevo mai, mai sentito qualcosa del genere. Era aggressivo, veloce, potente. La chitarra sembrava urlare, correre, volare. Le mie mani si muovevano in maniera ancora scoordinata cercando di seguire quella cascata di note. La sera non riuscivo a pensare ad altro. Continuavo a canticchiare quello che ricordavo dell’assolo, sicuramente massacrandolo. Era la prima volta che sentivo qualcosa che poteva definirsi veramente hard rock, anche se all’epoca non lo sapevo ancora. Era come se qualcuno avesse aperto una porta su un mondo completamente nuovo.

Solo anni dopo scoprii la vera storia dietro quel momento che aveva cambiato la mia percezione della musica. Eddie Van Halen non si limitò a registrare quel fantastico assolo che tra l’altro, realizzò gratuitamente in soli trenta minuti. No, fece molto di più.

Quando Quincy Jones gli disse che poteva fare “quello che voleva”, Eddie prese quella libertà alla lettera. Mentre Michael era impegnato in un’altra sala di registrazione, Van Halen si mise al lavoro. In soli dieci minuti, ristrutturò completamente la sezione centrale del brano, dando istruzioni precise all’ingegnere del suono su come riorganizzare le varie parti.

Quando Michael tornò in studio, Eddie era preoccupato. Come avrebbe reagito la superstar nel sentire che il suo brano era stato completamente stravolto? La risposta di Jackson fu sorprendente: lo ringraziò per aver avuto abbastanza passione da non limitarsi a suonare un assolo, ma da prendersi cura veramente della canzone per renderla migliore.

Mesi dopo, in un negozio di dischi, Eddie sentì alcuni ragazzi commentare: “Ascolta questo tizio che cerca di suonare come Eddie Van Halen”. Si voltò e disse loro: “Quello sono io!”

Quel giorno del 1983, seduto davanti alla TV con i compiti ancora da fare, non sapevo nulla di tutto questo. Non sapevo chi fosse Eddie Van Halen, non conoscevo i Van Halen, e non immaginavo che quella canzone sarebbe stata così importante. Quello che sapevo era che avevo appena ascoltato qualcosa di straordinario, qualcosa che andava oltre quello che girava all’epoca. “Beat It” è stata la mia porta d’ingresso verso un nuovo universo musicale, il primo assaggio di quella potenza sonora che avrei imparato a chiamare hard rock.

Grazie Eddie, grazie Michael. Siete stati, inconsapevolmente, la mia prima guida nel mondo del rock solido.

Le informazioni su ciò che accadde in studio sono tratte da Van Halen News Desk a cui sono grato per avermi portato a ricordare questa storia di oltre quarant’anni fa.