Alice Cooper: Come una Rockstar Divide Palco e Vita Privata

Il sole stava lentamente sorgendo sul campo da golf di Phoenix quando Vincent Furnier sistemò con cura la sua pallina sull’erba perfetta. Indossava una polo rosa pastello e pantaloni beige perfettamente stirati. Il suo swing era preciso, metodico, frutto di anni di pratica. “Bella giornata per un giro nel verde,” disse sorridendo al suo caddie mentre la pallina volava dritta verso l’obbiettivo. Otto ore più tardi, lo stesso uomo si trovava nei camerini dell’arena locale, ma era quasi irriconoscibile. Uno spesso strato di trucco nero circondava i suoi occhi mentre un assistente lo aiutava a indossare una giacca di pelle nera decorata con borchie e catene. Un enorme serpente albino riposava in un terrario nelle vicinanze. “È quasi ora?” chiese Vincent, guardandosi allo specchio. Con ogni pennellata di trucco, Vincent Furnier svaniva gradualmente, lasciando emergere Alice Cooper. La metamorfosi era quasi compiuta. Prima dello show, come faceva sempre, radunò tutto lo staff per un momento di intimità e ringraziamento. Alcuni nuovi membri della crew si scambiarono sguardi perplessi: era difficile riconciliare l’immagine dell’uomo gentile dal sorriso rassicurante con il personaggio che sarebbe salito sul palco di lì a poco. Le luci si abbassarono e le prime note di “Feed My Frankenstein” riempirono l’arena. Vincent prese un respiro profondo, chiuse gli occhi per un istante e quando li riaprì, Alice Cooper si materializzò. Il pubblico ruggì mentre una figura minacciosa emergeva dal fumo, brandendo un bastone come uno scettro macabro. Per le successive due ore, Alice Cooper diede il massimo sul palco. Sangue finto scorreva, bambole venivano decapitate e il serpente bianco si attorcigliava intorno alle sue spalle mentre interpretava quello shock rock che aveva perfezionato in cinquant’anni di folgorante carriera.

Nel momento esatto in cui il sipario calò e gli applausi assordanti ancora riempivano l’arena, qualcosa cambiò. Alice Cooper tornò nella sua scatola metaforica, e Vincent riemerse. Si tolse il trucco con cura, indossò una comoda felpa calda e si preparò a incontrare i fan del meet & greet portando sorrisi e scatti fotografici a tutti.

“Come fai a passare da un estremo all’altro?” gli chiese un giovanissimo fan mentre Vincent firmava un vinile di “Trash” con pazienza e gentilezza.

“Vedi,” rispose sorridendo, “Alice è come un film horror che interpreto ogni sera. La gente viene per vedere il mostro, e io glielo faccio vedere. Poi, alla fine della giornata, quel mostro deve andare a dormire, e io torno a essere me stesso.”

Più tardi quella notte, mentre tornava verso casa, Vincent ripensò alla giornata: dal campo da golf all’arena, dalla tranquillità al palco infuocato. Sul sedile posteriore, la sua sacca da golf era riposta con cura accanto al pregiato costume di scena ancora macchiato di sangue finto.

Il mattino seguente, alle prime luci dell’alba, sarebbe stato di nuovo sul campo da golf per continuare il suo percorso di concentrazione e miglioramento nella disciplina. Durante il pomeriggio avrebbe visitato il suo centro giovanile Solid Rock, dove avrebbe parlato con tanti ragazzi in difficoltà dell’importanza di trovare la propria strada. La sera? Alice sarebbe tornato a impressionare un’altra città.

Due facce della stessa medaglia, perfettamente bilanciate in un’esistenza straordinaria. Vincent sorrise pensando a quanto fosse fortunato ad aver trovato questo equilibrio unico, questa capacità di essere sia il mostro che l’uomo normale, il demone sul palco e l’angelo nella vita reale.

La notte, Alice tornò a casa superando il vialetto di ingresso.

“‘Com’è andata?” chiese sua moglie Sheryl dalla porta. Vincent prese la sacca da golf e il costume di scena dal sedile posteriore del van. ‘Tutto bene, il pubblico era fantastico”‘ rispose sorridendo. “Alice ha fatto il suo dovere sul palco ma ora ho dei ragazzi da seguire domani al Solid Rock, e non posso presentarmi con gli occhi cerchiati di nero. Il mondo ha bisogno di entrambi” disse Sheryl dolcemente. “Sì,” annuì Vincent, “e io ho bisogno di entrambe queste vite.'”

Questo racconto è un’opera di fantasia, ma la rappresentazione della dualità tra Vincent Furnier nella vita privata e il suo alter ego artistico Alice Cooper è basata su fatti documentati.