Quando “Flesh & Blood” uscì nel 1990, già da un paio d’anni seguivo i Poison. Circus Magazine e RIP, le riviste dell’epoca, erano i miei portali verso un mondo lontano e scintillante e l’edicola di Piazza San Babila, tra i pochi importatori a Milano, era il mio fornitore ufficiale di rock ‘n’ roll cartaceo. Ripenso a quei giorni con un sorriso nostalgico e un po’ sognante. Sembra quasi impossibile oggi, nell’era dell’informazione istantanea, concepire quanto fosse difficile allora reperire informazioni e indiscrezioni recenti su queste band. Era come cercare di afferrare stelle cadenti: raro, prezioso e assolutamente emozionante quando facevi centro. Ricordo le ore passate davanti alla TV, con il telecomando in mano, pronto a premere “rec” sul videoregistratore al minimo accenno di Bret Michaels o C.C. DeVille sullo schermo. Ogni apparizione era un tesoro, ogni videoclip una gemma da custodire gelosamente. “Unskinny Bop”, “Life Goes On” e “Something to Believe In” divennero vere e proprie perle, ripetute all’infinito su nastri VHS sempre più consumati che dovrei avere ancora da qualche parte, forse in cantina. C’era qualcosa di magico in quella ricerca di sensazioni visive, sonore e cartacee. Rendeva ogni scoperta più preziosa, ogni immagine che catturavo diventava un trionfo personale. Le pagine di queste riviste principalmente americane, peraltro decisamente costose perché di importazione, prendevano vita tra le pareti della mia camera.
Quei giorni avevano un sapore dolce di attesa e sorpresa. L’edicolante di Piazza San Babila continuava a ripetermi che le pubblicazioni, una volta stampate negli Stati Uniti, ci avrebbero messo almeno quindici giorni per arrivare in Italia ma ogni due per tre ero da lui a chiedere se ci fossero novità sull’arrivo. Oggi, con un click, possiamo accedere a un’infinità di contenuti, ma allora era tutta un’altra storia.
Forse è per questo che quei ricordi sono così vividi, così carichi di significato ed emozione ancora oggi, trentacinque anni dopo. Ogni brano dei Poison, ogni loro immagine, era il risultato di una vera e propria caccia al tesoro.
Oggi chiudo gli occhi e mi rivedo lì, giovane diciassettenne pieno di sogni, con le pagine di diverse uscite di Circus Magazine sparse intorno, gli occhi incollati allo schermo della TV, in attesa che la magia dei Poison si materializzasse. Quei momenti, quelle emozioni, hanno plasmato non solo i miei gusti musicali, ma anche il mio modo di vivere la musica, sempre con passione.
Erano anni in cui l’amore per una band assumeva la forma di un’avventura, un viaggio emozionante in un mondo mitico, lontano e affascinante. Anche se oggi posso ascoltare e vedere i Poison quando lo desidero con un semplice tocco sullo smartphone, niente potrà mai eguagliare l’emozione di quei giorni, quando ogni frammento della loro musica e della loro immagine era una sfida, eccitante e gratificante.