Durante il Natale del 1985, un’atmosfera cupa e triste avvolgeva una casa nei pressi di Kew, Londra. In quel luogo silenzioso, Phil Lynott, la voce suadente dei Thin Lizzy che aveva incantato il mondo del rock, stava lentamente andandosene. Quel talento che aveva travolto i palchi di tutto il mondo, ora si stava spegnendo, sopraffatto da un dolore sordo e insopportabile. Gli ultimi anni di Phil furono segnati da una lotta silenziosa contro la dipendenza da alcol ed eroina, che avevano eroso progressivamente la sua salute e tutto il suo essere. Questi nemici subdoli, uniti a depressione e stati emotivi altalenanti avevano preso il sopravvento sulla sua vita, trasformando un energico e prolifico musicista in un’ombra di quello che era stato. Chi lo conosceva da sempre parlava di un preoccupante dimagrimento, di uno sguardo vacuo che aveva sostituito la sua curiosità storica. Le rare apparizioni pubbliche lo mostravano quasi irriconoscibile, lontano dall’immagine carismatica che aveva conquistato il pubblico. Il suo volto, un tempo simbolo di fascino esotico e magnetismo indiscusso, era ora livido e tirato. Gli occhi, una volta scintillanti di passione e di quel guizzo di sana follia, sembravano osservare il nulla assoluto, velati inoltre da una tristezza profonda. La sua musica, fino a qualche anno prima, parlava di libertà e di amore che toccava l’anima. Brani come “The Boys Are Back in Town” e “Whiskey in the Jar” continuavano a passare in rotazione nelle radio, ricordando al mondo il genio di Phil. Anche le occasioni per rimettersi in attività con qualche live, non mancarono di presentarsi ma non ci fu niente da fare.
Durante quei giorni che sarebbero dovuti essere di festa e spensieratezza, Phil sembrò l’ombra di se stesso. La casa di Kew divenne, purtroppo, il palcoscenico di una tragedia immane.
Gli ultimi giorni della sua vita furono segnati da un grave collasso fisico che sembrava ormai inevitabile. Caroline, sua moglie, lottò con tutte le sue forze per strapparlo alla morte facendolo curare da ospedali specializzati ma fu tutto vano.
La sua scomparsa, avvenuta il 4 gennaio 1986, fu un colpo devastante per la band, per la famiglia e per un’intera generazione. A soli 36 anni, se ne andava, non solo un’icona essenziale del mondo della musica, ma un simbolo di ribellione, di desiderio di affermazione attraverso una vita vissuta intensamente. Il mondo del rock pianse la perdita di uno dei suoi figli più autorevoli, geniali e seminali.
Oggi, a distanza di quasi quarant’anni, la sua musica continua a diffondersi negli stereo, nei computer e negli smartphone di tutto il mondo, ricordandoci la sua importanza e la sua breve ma intensa esistenza. Le note di “Dancing in the Moonlight” e “Jailbreak” riportano alla mente sia momenti di calma e introspezione che di voglia di evadere.
La sua eredità si posiziona però anche oltre la musica. Phil Lynott ha rappresentato un simbolo di integrazione e riscatto.
Gli anni continuano a scorrere, ma il mito di Phil non smette di crescere. Documentari, biografie e tributi non cessano di esplorare la sua vita e la sua arte, scoprendo nuove sfaccettature di questo artista speciale. La statua a lui dedicata nel centro di Dublino è meta di pellegrinaggio di fan e musicisti provenienti da ogni angolo del pianeta dimostrando un abbraccio senza fine nei suoi confronti.
Phil ha influenzato generazioni di musicisti in vari stili, dal metal al punk, fino ad arrivare al pop. La sua capacità di fondere elementi diversi, dal folk arcaico irlandese al blues, ha aperto nuove strade creative risultate preziose per l’evoluzione della musica.
Nei nostri momenti di maggiore intimità, mentre ascoltiamo “Still in Love with You”, non possiamo fare a meno di emozionarci come la prima volta chiedendoci cosa Phil avrebbe potuto ancora trasmetterci se la sua vita non fosse stata così breve. Eppure, in quei pochi anni di attività, una fiammata creativa inimmaginabile ci è giunta in tutta la sua bellezza.
Mentre il tempo scorre, la società cambia, i governi si alternano, la figura di Phil si staglia sempre più nitida nell’Olimpo del rock come un punto fermo, un faro per chi cerca nella musica non solo intrattenimento, ma verità, intensità e passione. Il ragazzo di Dublino che conquistò il mondo con la sua voce e il suo basso, resterà al nostro fianco per sempre.