20, 30, 50: Come cambia l’esperienza dei live attraverso le decadi

Che fantastica emozione assistere ai concerti. Quell’esperienza magica e unica che ci fa sentire vivi, vicini ai nostri punti di riferimento musicali e aperti come non mai.
Vediamo come cambia la storia attraverso il tempo che passa.

A 20 anni:
Sei invincibile, praticamente un supereroe. Arrivi al concerto cinque ore prima per trovare una posizione sotto il palco. Porti con te solo l’essenziale: un pacchetto di sigarette e il tuo entusiasmo. Salti, poghi, balli, urli per tre ore di fila senza sosta. Il sudore? Un dettaglio insignificante. La calca? Un’opportunità per fare nuove amicizie. Il dopo concerto? Notte brava fino all’alba, ovviamente! E domani? Chi se ne frega, un filo di mal di testa e niente più.

A 30 anni:
Cominci a essere più “strategico”. Arrivi alla venue solo due ore prima, portando con te uno zainetto con qualcosa da mangiare, acqua e un powerbank ad alta efficienza per ricaricare il telefono in caso di necessità. Ti dimeni e salti ancora ma ogni tanto ti concedi una pausa. Dopo tutto, non sei più il ragazzino di una volta. Ti ritrovi, tra una song all’altra, a pensare velocemente agli impegni pianificati per il giorno dopo ma cerchi di goderti il momento a tutti i costi. Dopo il concerto, un’ultima birra veloce al baracchino e poi a casa per una doccia lanciandoti subito a letto.

A 50 anni:
Oh, qui cambiano le cose! Dopo più di due ore di set in piedi, gambe, ginocchia e articolazioni cominciano a farsi sentire. Ti ritrovi a guardare con un po’ d’invidia quei fortunati seduti sulle gradinate o sulle poltroncine. La musica è sempre fantastica ma noti che il volume sembra essere un po’ troppo eccessivo con bassi spesso effettivamente disturbanti. La schiena richiede qualche movimento di stretching ogni tanto ma cerchi di non farti notare dagli altri spettatori.
Terminato lo show, subito a casa a massaggiarti gli arti contratti e ingurgitando un antidolorifico leggero desiderando una notte di sonno completa e riparatrice.

Vogliamo poi parlare dei festival? Beh, oggi sono diventati una sfida decisamente molto più impegnativa. Tre giorni di musica sono ancora una benedizione divina ma richiedono una pianificazione assolutamente più oculata. Il camping? Meglio di no per evitare di essere portato in ospedale il giorno dopo ed essere sottoposto a trazione. Alla fine opti per un alloggio più confortevole nelle vicinanze, una base strategica con una camera in ordine e un letto pulito per riposare e rinfrescarsi tra un giorno e l’altro.

A questo punto, devo proprio ammetterlo: sto iniziando a pensare che i concerti con posto a sedere siano la soluzione migliore per questa fase della mia vita. Sì, lo so, il me ventenne sarebbe sorpreso e mi riderebbe in faccia ma pensateci: una morbida poltroncina con poggiatesta e ampio spazio davanti per distendere le gambe, nessuno che ti pesta i piedi, ti avvicina l’ascella pezzata al volto o ti rovescia il suo drink sulle scarpe. Poi, la possibilità di alzarti solo per l’ovazione finale tornando a casa riposato, appagato e felice.

In fondo, chi l’ha detto che non si possa godere della musica non rinunciando alla comodità? Con qualche piccolo accorgimento si è più sereni mantenendo lo stesso spirito rock ‘n’ roll di sempre.

Alla fine, forse la vera evoluzione a cinquant’anni è trovare un equilibrio tra la passione per la musica dal vivo e il desiderio di meritato comfort magari alternando concerti in piedi a eventi più rilassati o scegliendo festival con opzioni di alloggio nelle vicinanze. Dopotutto, l’importante è continuare a godersi la musica dal vivo e a sostenerla, solo adattandosi un po’ alle esigenze del nostro corpo che cambia con il passare del tempo.